giovedì 27 settembre 2012

Alcool e droghe - simil cure e pericoli

Nella vita c'è anche questo, non neghiamolo.
Molte persone che soffrono di DB si ritrovano con problemi  di alcool e droga.

Per chi non è ancora stato diagnosticato, talvolta l'alcool e le droghe sono una specie di "autocura" a un disturbo che non sa di avere.

Chi è depresso talvolta si rifugia nella cocaina per tirarsi un po' su (o nelle pilloline, extasy etc.).

Chi è ipomaniacale e soffre di ansia talvolta beve o fuma marijuana e hashish per calmarsi, rilassarsi, essere meno ansioso e sentire meno rabbia.

Capita. Ma alcool e droghe, ben lontani dal curare il DB, alla fine non fanno che aumentarne i sintomi.


In taluni casi, possono servire a "slatentizzare" (ovvero rendere manifesto e più grave) un disturbo che altrimenti sarebbe stato sotterraneo e, magari, controllabile.

Funzionano come le micce delle bombe, insomma: accendono. E una volta accesa la bomba, c'è lo scoppio. 

Oltre a alcool e droghe, sappiamo che alcuni farmaci (come il cortisone) e alcuni cambiamenti ormonali (come i cambiamenti ormonali della gravidanza) possono funzionare da detonatori.

Allora, che fare? Se siete genitori, o familiari, cercate di fare opera di prevenzione, spiegando ai vostri figli e cari il perché per loro è fondamentale stare ben lontani da queste sostanze.


Se siete invece sofferenti di DB, tenetene conto SEMPRE. 


Per noi una pista di cocaina non fa la differenza tra una serata normale e una più allegra; fa la differenza tra la vita normale e un altro scompenso, un altro ricovero, altre dosi di alti farmaci.

Sì, ci vuole un po' prima di capirlo. Lo so sia per esperienza mia che per quella di miei amici.


Nei periodi in cui stiamo bene si pensa "ma sì, un tiro, una pista, due bicchieri in più, che sarà mai, ci sono i farmaci che mi proteggono"....e talvolta questo pensiero funziona.

Altre no. E se non funziona, il prezzo da pagare è sempre e comunque alto, per noi.


Ne vale la pena?

lunedì 24 settembre 2012

James Hillman, Il Codice dell'anima

Scrivo oggi di questo libro, un must to read, uno di quei libri che leggi e  ti cambiano qualcosa dentro, anche se non sai bene cosa.

James Hillman, psicoanalista junghiano, filosofo, in questo libro parla della sua "teoria della ghianda": dentro di noi c'è un ghianda, un'immagine, la nostra vocazione a cui dar forma nella vita.

Nella piccola ghianda è già contenuta l'immagine della quercia che diventerà, ammesso e concesso che vada tutto bene: che non venga mangiata dai cinghiali, che il piccolo germoglio non sia cibo per i cervi, che non venga tagliato da qualche taglialegna, che ci sia la giusta quantità di acqua e sole...la ghianda diventerà quercia.

Nelle nostre vite, secondo Hillman, accade la stessa cosa: dentro di noi c'è una ghianda, la strada, la vocazione che ci permetterà di realizzare noi stessi e il nostro destino.

I guai iniziano se la ghianda non viene riconosciuta...se non sappiamo bene che tipo di seme abbiamo dentro di noi.

Ne abbiamo troppi?
Neppure uno?
Esiste ma è troppo profondo e la sua voce si perde?

A me capita di perderla, la voce della ghianda. Talvolta penso di saperlo, talvolta non lo so più.

Non sono mai stata benedetta dall'avere una sola vocazione. Tante voci...un tempo pensavo che tutte le voci del mondo mi risuonassero dentro.
Quanto era difficile sentirle! Quanto mi portavano lontano!

Poi qualcuno ti dice "è una malattia", e le voci diventano più sfocate, ma non smettono di risuonare.

Cerco di concentrarmi sulla voce della mia ghianda...  non è facile.

In giornate di pioggia, come questa prima giornata di autunno, starei volentieri sul divano, con una tisana e musica rilassante, lasciando che le voci della ghianda si facciano strada dentro di me.

Lasciando che una sottile malinconia, una sottile insofferenza verso i doveri quotidiani, si impadronisca di me, mi attraversi, e poi se ne vada. Conscia che accade a chi soffre di DB, e accade anche a chi non ne soffre, ai cosiddetti normali.

E' la vita ad essere ciclica, ad essere bipolare, un'onda che sale, e poi ridiscende.



martedì 18 settembre 2012

Altro cambio di stagione...come state a depressione stagionale?

Siamo alle porte dell'equinozio d'autunno: le giornate iniziano a farsi più fresche, più corte (meno ore di sole), tra un mesetto circa ritornerà l'ora solare e buio arriverà alle 17 di pomeriggio.

Come state a depressione stagionale???

Per me, per lunghi anni, la primavera e l'autunno erano un incubo. Al cambio di stagione, mi ritornava la depressione! Aspettavo con una paura terribile l'ennesimo equinozio, il cambio dell'ora.

In autunno mi deprimevo per la scarsità di luce, perché con il freddo mi veniva spontaneo rintanarmi in casa e diminuire le ore di sport all'aperto, tutto il mondo mi sembrava stesse morendo, un'altra volta, per un altro anno.

In primavera, tutto si risvegliava, ed io crollavo per le fatiche dell'inverno! Chiusa in casa, con attacchi di ansia, depressione, voglia di non fare nulla e sensi di colpa perché il mondo era splendido e io non ne approfittavo.

In America e in altre parti del mondo conoscono bene questo tipo di depressione e la chiamano SAD: seasonal affective disorder. E' un problema reale, molto diffuso.

Adesso, mi pare di ricordare che anche gli attacchi ricorrenti di SAD vengano fatti rientrate in quello che viene chiamato "lo spettro bipolare", e che quindi le cure siano le stesse (moderatori dell'umore anzitutto).

Noi possiamo fare qualcosa?
Secondo me sì!

Strategie per l'autunno:

- cercate di passare almeno mezz'ora al sole, ogni giorno; se non riuscite, comprate una lampada a spettro solare. Si trovano facilmente nei negozi grandi di elettrodomestici, non costano uno sproposito (120 euro), e tenerla accesa accanto a voi un paio di ore al giorno è un validissimo sostituto della luce solare;
- non diminuite l'attività fisica. Cercate di fare uno sport, magari trovate un'amica o un amico che lo facciano con voi, in modo da stimolarvi a vicenda ad andare in palestra o in piscina. Sappiate che la parte più difficile è la strada da casa alla palestra; una volta lì, vi divertirete e uscirete con una bella dose di endorfine. Trovate un'attività che sia piacevole da fare, che vi diverta: non deve essere l'ennesimo "dovere" penoso e difficile;
- se vi sentite più depressi del solito, parlatene con il vostro medico; magari sarà necessario aggiustare la terapia;
- non chiudetevi in casa in pantofole a rincintrullirvi davanti alla televisione! Cercate un amico, uscite, prendete un thè, fate una passeggiata, trovatevi un hobby;
- non stancatevi troppo: spesso l'autunno è pieno di impegni. Non mettete troppa carne al fuoco, dosate le vostre forze;
- state attenti all'alimentazione: eliminate gli zuccheri (che possono causare sbalzi d'umore), nutritevi di cibi sani e che diano energia: cereali, carne, pesce, verdure cotte;
- come sempre, attenti alle ore di sonno, monitorate che siano sempre nella giusta quantità.

Da anni non mi capita di soffrire di depressione stagionale, eppure, ad ogni cambio di stagione mi chiedo: quest'anno come andrà?

Ma applicando le strategie e seguendo la cura giusta, posso accogliere il trascorrere stagionale.

Anche se una parte di me è d'accordo con De André.

"Per paura che ormai non avesse padroni
lo fermò con la morte inventò le stagioni"

(Il Blasfemo, dall'album "Non al denaro, non all'amore né al cielo".)

sabato 15 settembre 2012

Ancora sul suicidio

Un caro amico mi ha inviato questo articolo, apparso su pharmastar, e voglio postarlo, dal momento che parla di un pericolo reale. Capita di dimenticarlo quando si sta bene da anni, capita di dimenticare di quella sera in cui il pensiero di morire sembrava il più seducente e il più giusto di tutti, perché stavi troppo male, non ce la facevi davvero più, ti sembrava che la tua vita fosse un inutile e grosso cumulo di sbagli e di dolore...intenso, infinito...non capita però di dimenticare che all'amico che ti ha chiamato per chiederti come stavi hai confessato, in piena maniacalità, "stasera voglio morire, non ne posso più, mi ammazzo!"...non capita sicuramente di dimenticare il tso successivo, pompieri carabieri e medici che sfondano le  porte finestre di casa e ti dicono "deve venire con noi"....
Alla fine non mi sono suicidata, ma non per il tso. Gli è che ad un certo punto, quando la disperazione era al culmine e la maniacalità pure, mi venne fame.....e nel frigo c'erano dei wursterl di tofu affumicato, e della senape...mi misi a mangiarli, seduta per terra, con le mani, intingendo i wurstel nella senape, e mi sembrarono così buoni che decisi che forse valeva la pena di vivere ancora un poco, almeno per mangiare...poi, in un impeto di lucidità, capii che ero fuori "come un picchio", ingollai 10 mg di ziprexa (sì, avevo sospeso le cure senza dire niente al mio medico ma capii che era ora di riprenderli....immediatamente!) e andai a letto. I pompieri arrivarono mentre dormivo.

Il suicidio accade, giusto parlarne. Giusto sapere che la fase più rischiosa dei Db è il "ciclo misto", quando sintomi della depressione e della mania (o ipomania) compaiono contemporaneamente. Giusto sapere che allora si è totalmente disperati (depressione) ma si ha la forza per suicidarsi (mania).

Io penso che ogni pensiero di suicidio sia un pensiero di malattia: segno che qualcosa di importante non va, non funziona più, non è come dovrebbe essere. Non pensate che siano voci di qualche altro emisfero o pianeta che dicono la verità: è un grosso segno di malattia.

Correte subito ai ripari: andate dal medico o in un pronto soccorso IMMEDIATAMENTE, chiedete di parlare con lo psichiatra di turno, meglio un ricovero che non essere più su questa terra.

E' vero, vivere con il DB è faticoso, doloroso, terribile. Ma possiamo farcela, possiamo trovare la cura più giusta per noi e vivere bene. Se qualcosa vi dice che così non è, è segno che non vi state curando (so che tanti rifiutano le cure) o segno che la cura che state seguendo non è appropriata, non funziona, non  va bene.

Parlatene con il vostro medico curante, cambiate farmaco, fatevi seguire attentamente. 

Cercate di avere per voi un minimo di bene...quel bene che tanto agognate che vi venga dato dall'esterno, senza trovarlo, datelo a voi stessi....almeno un po'. Quel tanto che basta per curarvi.

Le stime più recenti parlano di circa un milione di italiani con disturbo bipolare, con un tasso di suicidio 21 volte più alto rispetto alla popolazione generale. Il suicidio è, infatti, la principale causa di morte nei pazienti con disturbo bipolare [1] e si stima che 1 paziente su 5 muoia a causa di tale gesto estremo [2]. Inoltre, una diagnosi non corretta e una terapia errata aumentano di circa 4 volte il rischio suicidiario. 

È l’allarme lanciato dagli esperti nel ciclo di incontri “Appropriatezza terapeutica e rischio clinico in psichiatria”, promosso da AstraZeneca in tutta Italia. Fondamentale tenere sotto controllo i “tre campanelli d’allarme” del rischio di suicidio e prendere in considerazione il “Fattore P” (P come Personalizzazione) nel determinare la terapia più adeguata per ogni paziente.

“Insonnia prolungata, forte agitazione interiore e cambi repentini di umore: sono i tre campanelli d’allarme che, in un’ottica di prevenibilità, possono indicare un reale rischio di suicidio nei pazienti bipolari”, dichiara Maurizio Pompili, responsabile del Servizio per la Prevenzione del Suicidio dell’Ospedale S. Andrea di Roma. “Non va dimenticato che il 70% di questi pazienti riceve una prima diagnosi non corretta - frequentemente accade, infatti, che il paziente sia diagnosticato con depressione maggiore - e una terapia inappropriata può aumentare il rischio suicidiario di ben 4 volte. È dunque fondamentale prescrivere i farmaci più corretti in particolare, alcuni trattamenti a rilascio prolungato, come ad esempio quetiapina nella sua formulazione RP, hanno dimostrato in recenti studi la loro efficacia nella riduzione dell’ideazione suicidaria, con un risultato superiore anche al litio, considerato lo stabilizzatore di umore per eccellenza”. 

Quetiapina è un antipsicotico atipico di nuova generazione: che agisce, in funzione del dosaggio, come antimaniacale e antipsicotico, mentre il suo metabolita attivo norquetiapina, ottenuto per effetto della metabolizzazione epatica, è dotato di un’azione antidepressiva.[3]

La terapia del disturbo bipolare non può prescindere da quello che gli esperti hanno ribattezzato “Fattore P”, come Personalizzazione: nel disturbo bipolare, infatti, le variabili individuali hanno un grande peso e ogni paziente risponde ai farmaci in modo differente. “Se provassimo a riassumere con una formula il concetto di appropriatezza terapeutica nel disturbo bipolare - spiega Massimo Di Giannantonio, professore ordinario di psichiatria Università G. D’Annunzio di Chieti - dovremmo considerare una riduzione dei tempi della diagnosi, un incremento della personalizzazione dell’intervento terapeutico e aggiungere, infine, il coinvolgimento dei caregiver, cioè di parenti e amici, figure fondamentali per supportare il paziente nella quotidianità ed evitare l’interruzione della terapia. Nel disturbo bipolare farmaci mirati permettono di abbattere il rischio clinico di suicidio e di comportamento violento. Infine, la giusta terapia può migliorare la qualità della vita di circa il 70%”.

“L’elevata variabilità individuale nella risposta alla terapia spinge spesso i clinici a sconfinare nell’utilizzo off-label dei farmaci, cioè a utilizzarli nella pratica clinica diversamente da quanto previsto dall’indicazione terapeutica. È quindi fondamentale, oltre a una sempre maggiore attenzione al paziente, anche la puntuale collaborazione di tutta la classe medica nel segnalare gli eventi avversi agli organismi di farmacovigilanza”, aggiunge Patrizio Piacentini, già Direttore Dipartimento di Scienze Farmacologiche Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo di Milano.

“Nel tentativo di prevenire il rischio suicidiario di un paziente bipolare bisogna evitare di cadere in una visione fatalistica”, commenta Carlo Boscardini, specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni. “Lo specialista che riesce a leggere l’intenzione suicidaria del paziente non può trincerarsi dietro il diritto di privacy, ma deve provare a coinvolgere la rete sociale del malato, evitando che si crei una frattura tra paziente, medico e famiglia”.

[1] Baldessarini et. al. Clinical Neuropsychiatry 2005;2:73-75
[2] Tondo et al. CNS Drugs. 2003; 17: 491-511
[3] Pani L, Strada M. Therapy Perspectives. Wolters Kluwer/Adis Eds. 2009; Anno XII, n.19, dicembre 2009.


lunedì 3 settembre 2012

Piano....planning!

Ho già scritto un post, mi pare, dal titolo "overwhelmed"...mi piace di più la parola inglese dell'italiano "sovrastata", quell'over rende bene l'idea.

Il punto è: soffro di disturbo bipolare perché ho troppi interessi per le 24 ore del giorno o ho tanti interessi perché soffro di disturbo bipolare?

Io preferisco dare la colpa all'ascendente gemelli, troppa curiosità, troppi spunti da cui siamo continuamente bombardati...non dico che li seguirei tutti, ma tanti sì!

Però, ammetto la necessità di stare attenti.... se i troppi interessi mandano in ipomania, anche lieve, l'ipomania può poi portare ad avere tanti interessi, e diventa un gatto che si morde la coda.

Allora, urge uno stop. Ho iniziato con una programmazione. Ho visto che alcune delle cose che volevo fare in questo giorni dovrò, giocoforza, farle tra due mesi.

Il che mi ha sconfortato ma mi ha anche fatto capire che, con la mia vita, non c'è altro modo.

Poi, far rilassare la mente. Mi tuffo in Wodehouse, o nella letteratura spazzatura.....la mente si placa, davvero sovrastata da certe monnezze.

Dormire aiuta. 

Oggi va già meglio.

Domani chissà....