sabato 15 settembre 2012

Ancora sul suicidio

Un caro amico mi ha inviato questo articolo, apparso su pharmastar, e voglio postarlo, dal momento che parla di un pericolo reale. Capita di dimenticarlo quando si sta bene da anni, capita di dimenticare di quella sera in cui il pensiero di morire sembrava il più seducente e il più giusto di tutti, perché stavi troppo male, non ce la facevi davvero più, ti sembrava che la tua vita fosse un inutile e grosso cumulo di sbagli e di dolore...intenso, infinito...non capita però di dimenticare che all'amico che ti ha chiamato per chiederti come stavi hai confessato, in piena maniacalità, "stasera voglio morire, non ne posso più, mi ammazzo!"...non capita sicuramente di dimenticare il tso successivo, pompieri carabieri e medici che sfondano le  porte finestre di casa e ti dicono "deve venire con noi"....
Alla fine non mi sono suicidata, ma non per il tso. Gli è che ad un certo punto, quando la disperazione era al culmine e la maniacalità pure, mi venne fame.....e nel frigo c'erano dei wursterl di tofu affumicato, e della senape...mi misi a mangiarli, seduta per terra, con le mani, intingendo i wurstel nella senape, e mi sembrarono così buoni che decisi che forse valeva la pena di vivere ancora un poco, almeno per mangiare...poi, in un impeto di lucidità, capii che ero fuori "come un picchio", ingollai 10 mg di ziprexa (sì, avevo sospeso le cure senza dire niente al mio medico ma capii che era ora di riprenderli....immediatamente!) e andai a letto. I pompieri arrivarono mentre dormivo.

Il suicidio accade, giusto parlarne. Giusto sapere che la fase più rischiosa dei Db è il "ciclo misto", quando sintomi della depressione e della mania (o ipomania) compaiono contemporaneamente. Giusto sapere che allora si è totalmente disperati (depressione) ma si ha la forza per suicidarsi (mania).

Io penso che ogni pensiero di suicidio sia un pensiero di malattia: segno che qualcosa di importante non va, non funziona più, non è come dovrebbe essere. Non pensate che siano voci di qualche altro emisfero o pianeta che dicono la verità: è un grosso segno di malattia.

Correte subito ai ripari: andate dal medico o in un pronto soccorso IMMEDIATAMENTE, chiedete di parlare con lo psichiatra di turno, meglio un ricovero che non essere più su questa terra.

E' vero, vivere con il DB è faticoso, doloroso, terribile. Ma possiamo farcela, possiamo trovare la cura più giusta per noi e vivere bene. Se qualcosa vi dice che così non è, è segno che non vi state curando (so che tanti rifiutano le cure) o segno che la cura che state seguendo non è appropriata, non funziona, non  va bene.

Parlatene con il vostro medico curante, cambiate farmaco, fatevi seguire attentamente. 

Cercate di avere per voi un minimo di bene...quel bene che tanto agognate che vi venga dato dall'esterno, senza trovarlo, datelo a voi stessi....almeno un po'. Quel tanto che basta per curarvi.

Le stime più recenti parlano di circa un milione di italiani con disturbo bipolare, con un tasso di suicidio 21 volte più alto rispetto alla popolazione generale. Il suicidio è, infatti, la principale causa di morte nei pazienti con disturbo bipolare [1] e si stima che 1 paziente su 5 muoia a causa di tale gesto estremo [2]. Inoltre, una diagnosi non corretta e una terapia errata aumentano di circa 4 volte il rischio suicidiario. 

È l’allarme lanciato dagli esperti nel ciclo di incontri “Appropriatezza terapeutica e rischio clinico in psichiatria”, promosso da AstraZeneca in tutta Italia. Fondamentale tenere sotto controllo i “tre campanelli d’allarme” del rischio di suicidio e prendere in considerazione il “Fattore P” (P come Personalizzazione) nel determinare la terapia più adeguata per ogni paziente.

“Insonnia prolungata, forte agitazione interiore e cambi repentini di umore: sono i tre campanelli d’allarme che, in un’ottica di prevenibilità, possono indicare un reale rischio di suicidio nei pazienti bipolari”, dichiara Maurizio Pompili, responsabile del Servizio per la Prevenzione del Suicidio dell’Ospedale S. Andrea di Roma. “Non va dimenticato che il 70% di questi pazienti riceve una prima diagnosi non corretta - frequentemente accade, infatti, che il paziente sia diagnosticato con depressione maggiore - e una terapia inappropriata può aumentare il rischio suicidiario di ben 4 volte. È dunque fondamentale prescrivere i farmaci più corretti in particolare, alcuni trattamenti a rilascio prolungato, come ad esempio quetiapina nella sua formulazione RP, hanno dimostrato in recenti studi la loro efficacia nella riduzione dell’ideazione suicidaria, con un risultato superiore anche al litio, considerato lo stabilizzatore di umore per eccellenza”. 

Quetiapina è un antipsicotico atipico di nuova generazione: che agisce, in funzione del dosaggio, come antimaniacale e antipsicotico, mentre il suo metabolita attivo norquetiapina, ottenuto per effetto della metabolizzazione epatica, è dotato di un’azione antidepressiva.[3]

La terapia del disturbo bipolare non può prescindere da quello che gli esperti hanno ribattezzato “Fattore P”, come Personalizzazione: nel disturbo bipolare, infatti, le variabili individuali hanno un grande peso e ogni paziente risponde ai farmaci in modo differente. “Se provassimo a riassumere con una formula il concetto di appropriatezza terapeutica nel disturbo bipolare - spiega Massimo Di Giannantonio, professore ordinario di psichiatria Università G. D’Annunzio di Chieti - dovremmo considerare una riduzione dei tempi della diagnosi, un incremento della personalizzazione dell’intervento terapeutico e aggiungere, infine, il coinvolgimento dei caregiver, cioè di parenti e amici, figure fondamentali per supportare il paziente nella quotidianità ed evitare l’interruzione della terapia. Nel disturbo bipolare farmaci mirati permettono di abbattere il rischio clinico di suicidio e di comportamento violento. Infine, la giusta terapia può migliorare la qualità della vita di circa il 70%”.

“L’elevata variabilità individuale nella risposta alla terapia spinge spesso i clinici a sconfinare nell’utilizzo off-label dei farmaci, cioè a utilizzarli nella pratica clinica diversamente da quanto previsto dall’indicazione terapeutica. È quindi fondamentale, oltre a una sempre maggiore attenzione al paziente, anche la puntuale collaborazione di tutta la classe medica nel segnalare gli eventi avversi agli organismi di farmacovigilanza”, aggiunge Patrizio Piacentini, già Direttore Dipartimento di Scienze Farmacologiche Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo di Milano.

“Nel tentativo di prevenire il rischio suicidiario di un paziente bipolare bisogna evitare di cadere in una visione fatalistica”, commenta Carlo Boscardini, specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni. “Lo specialista che riesce a leggere l’intenzione suicidaria del paziente non può trincerarsi dietro il diritto di privacy, ma deve provare a coinvolgere la rete sociale del malato, evitando che si crei una frattura tra paziente, medico e famiglia”.

[1] Baldessarini et. al. Clinical Neuropsychiatry 2005;2:73-75
[2] Tondo et al. CNS Drugs. 2003; 17: 491-511
[3] Pani L, Strada M. Therapy Perspectives. Wolters Kluwer/Adis Eds. 2009; Anno XII, n.19, dicembre 2009.