domenica 21 ottobre 2012

Parlando ancora di psichiatra, psicoterapeuta, neurologo, medico generico

Ho già scritto sull'argomento, asserendo che lo psichiatra non è il medico dei matti, e sarebbe giusto iniziassimo tutti a non considerarlo più tale.

Purtroppo sembra di gettare una goccia nell'oceano: scompare, nel dilagare di pregiudizi e di ignoranza che ci circondano.

Si confonde lo psichiatra con lo psicoterapeuta o con il neurologo, e si preferisce evitare questi professionisti per andare dal medico generico.

Ora, io capisco e conosco la scelta tra il prendere psicofarmaci e non prenderli. La capisco e la conosco perché l'ho praticata. 
Li ho rifiutati per anni, poi li ho presi (andando dallo psichiatra), poi li ho sospesi senza dirle nulla perché mi sentivo intossicata e volevo purificarmi, mi sono scompensata, sono stata ricoverata, ho riniziato finalmente a riprenderli (sempre sotto controllo dello psichiatra) e ora sono sette anni e mezzo che sono felicemente stabile (o, per usare il gergo psichiatrico, ottimamente compensata).

La conosco, dicevo, la capisco. Ma se comunque l'intenzione è di curare la depressione che vi siete autodiagnosticati con un antidepressivo, perché andare dal medico della mutua (generico) e rifiutare lo psichiatra?

Amici miei, se vi rompeste una gamba andreste dall'ortopedico, vero?

Ora, questo non vuole dire che non esistano medici della mutua bravi, che  conoscono bene i farmaci psichiatrici.
La differenza, però, è che lo psichiatra ha studiato per altri anni, a fondo, le malattie della mente e può fare una scelta basata su una diagnosi. Diagnosi che può spaventare, d'accordo, ma è il primo passo per guarire: sapere cosa avete.

Parlando di DB, la diagnosi differenziale (ovvero basate sui sintomi diversi) con il disturbo di personalità borderline è molto complessa. Talvolta è difficile anche la diagnosi tra DB e depressione maggiore, o tra DB e un altro disturbo di personalità.
E non è solo la diagnosi ad essere diversa, ma la terapia. Farmaci adatti ad un caso non sono adatti, anzi, potrebbero essere assolutamente controindicati nell'altro. 

Eppure, eppure. Meglio andare da un neurologo? Il neurologo è colui che si occupa delle patologie del cervello basate su un danno d'organo, ovvero fisiologico: ictus, aneurismi, morbo di parkinson, e quant'altro.

Psicologo e psicoterapeuta: che differenza c'è? Lo psicologo è un laureato in psicologia, stop.
Lo psicoterapeuta è un laureato in psicologia (o in medicina), che, oltre a queste lauree, ha seguito anche un corso di specializzazione, della durata di 4 o 5 anni, in un certo orientamento della psicoterapia.
La psicoterapia è la terapia, appunto, delle patologie mentali (campo farmacologico dello psichiatra), grazie alle parole (quasi sempre: nella bioenergetica e nella corenergetica si usa anche il corpo).
Psicologi e psicoterapeuti possono fare diagnosi ma non possono somministrare farmaci.

Sì, può essere un po' difficile, all'inizio, orientarsi in tutto questo. Dopo anni si diventa quasi degli addetti ai lavori, comunque, e non si fa più confusione.

E si accetta di fare la scelta migliore per la propria vita. Anche se difficile, anche se dura da accettare, anche se è una scelta, qualunque sia (curarsi o non curarsi) che costerà. In ambedue i casi.

lunedì 8 ottobre 2012

Vita bipolare

Il titolo del post è polisemantico: certo, è la vita che è bipolare (basta guardare le stagioni), e in questo, la vita bipolare è più bipolare della vita bipolare. E per nulla facile.

Tutti soffrono di alti e bassi. Tutti hanno giornate in cui si svegliano bene, di buon umore, pieni di energia, e altre in cui vorrebbero solo stare a letto, e si sentono di malumore, o con le energie nel sottoscala.

Tutti hanno questi cicli, questi bioritmi che salgono e scendono.

Ma i "bipolari" non sono li hanno più accentuati, ma anche più intensi.

C'è chi dice che l'intensità delle emozioni di chi soffre di DB rispetto alle persone normali sia 50 a 1.
Come dire: una persona normale ha un grado di sofferenza 10, un bipolare 500.

Io non so dove esista questo bilancino né se questa proporzione sia corretta. So solo, è vero, che le mie sofferenze sono molto più intense (e stancanti) di quelle delle persone normali che conosco.

Un tempo, questo fatto mi faceva sentire più viva. Pensavo di essere la sola normale in un mondo di semimorti.

Poi mi hanno detto che era una malattia, che la normalità era quel mondo più tenue, più pacato, che a me appariva irrimediabilmente grigio, e di cui solo dopo tanto tempo e tanta psicoterapia ho imparato ad apprezzare le tenue e multiformi colorazioni.

Però, cribbio, quando sto male, sto male davvero. Allora rientro in me, non parlo, sembro un animale che sta leccandosi le ferite e vuole solo essere lasciato solo nella sua tana.

Adesso so che tutto questo passerà. So che se mi lascio invadere dalla sofferenza, se la vivo, se con il mio psicoanalista riesco a darle un nome, dopo un po' di tempo sbiadirà, e io farò un altro passo nel cammino.

Grazie al cielo ho sposato un uomo che mi capisce. Che sa che il suo compito non è curarmi le ferite, che sa che questo è il MIO compito, ma sa che può amarmi e starmi vicino, rispettando i miei periodi di dolore e, magari, ingegnandosi per strapparmi una risata.

Questi sono i grandi regali che mio marito quotidianamente mi fa: la sua presenza, il suo amore, e la sua voglia di dare fondo alle sue doti brillanti per darmi qualche minuto di leggerezza.

In questi giorni, ho sentito molta sofferenza dentro di me. Un buco, che più che un pozzo senza fondo sembrava un buco nero, con identica capacità di attrazione della materia e dell'antimateria: attrae tutto, tutto sembra scomparire, lasciandomi solo sofferenza.

Ne sto uscendo, con la consapevolezza che è lì e che dovrò trovare il modo per venirci a patti, e magari cambiarne qualità e colore.

Vita bipolare, vita difficile.