giovedì 26 settembre 2013

ATTIVAZIONE COMPORTAMENTALE

Ovvero: anche se siamo depressi, cercare di non rimanere a letto ma sforzarsi di fare qualcosa.

Soffrire di D.B. è un lungo gioco di equilibrio. Equilibrio tra il troppo e il poco, sempre. E noi, come quelle vecchie altalene, dobbiamo stare nel mezzo.

Capire quando facciamo abbastanza, quando troppo, quando troppo poco. Stare sempre nel medio, nel giusto. Quello che ci mantiene normali.

E poi ci sono le giornate che vanno per i fatti loro, perché è così, è la vita. Ci alziamo con il tono dell'umore più basso del solito e ogni cosa che accade ci sembra una congiura del destino: tutto contro di noi. Ma già lo sapevamo, che la giornata sarebbe andata male. Non scomodiamo il destino, certe giornate capitano. Punto.

Le ore di luce stanno calando, e il pericolo di depressione si avvicina. L'autunno mette un po' di tristezza, non trovate? Sembra che tutto stia morendo. Una morte cosmica, almeno per qualche mese. Novembre, poi, è un mese terribile: pochissime ore di luce (quasi tutte quando siamo chiusi negli uffici), non ci sono più le castagne e non c'è ancora Natale, c'è solo la nebbia. 

Che fare? 

Mantenersi in attività è un'ottima idea; se sentite di star scivolando troppo verso il basso, chiamare il medico è un'altra ottima idea. Cercate di trovare un po' di luce dentro di voi, anche nelle tenebre. E ridete, se potete. Trovate un amico che vi faccia ridere e vi risollevi il morale....

venerdì 16 agosto 2013

Malattia mentale - una condanna o una malattia?

Lo so, nella vita nessuno aveva progettato o progetta di ammalarsi, per di più di una malattia mentale, una malattia che va a incidere sulla nostra MENTE, sul nostro funzionamento mentale, quindi sociale, professionale, lavorativo, sentimentale.

Bene, è successo. Tralasciamo per il momento il perché, rischiamo di cadere ancor più in confusione.

Ma cosa è successo? Che ci siamo AMMALATI. Punto. Avete presente la bronchite, la polmonite, la frattura del piede, il diabete? Ecco, a noi è successa la stessa cosa. Ci siamo ammalati.

Perché non riusciamo ad affrontare la malattia mentale nello stesso modo in cui affrontiamo le altre malattie, acute o croniche che siano??

Per la vergogna? Lo stigma sociale? Perché rischiamo di perdere tanto, troppo? O per quali altri e personalissimi motivi?

Io potrei dire i miei, dato che ci sono passata, e per anni non mi sono capacitata di come potesse essermi successo qualcosa del genere. Come se fossi perennemente stupefatta.

Il risultato è stato che per anni non ho affrontato la questione nel modo che ritengo oggi giusto, ovvero CURANDOMI nel migliore dei modi.

Allora, sgombriamo il campo dagli equivoci. Non è una condanna. Non è una vergogna. Probabilmente non ve l'ha mandata Dio perché da bambini avete rubato la marmellata. E' successo, capita che i neurotrasmettitori smettano di funzionare in modo equilibrato. Non siete le sole persone al mondo, capita a tantissima gente, magari anche al vostro vicino di casa, o al vostro antipatico capoufficio. Succede.

Se non accettate di avere una malattia, non potrete neppure curarvi nel modo giusto. Questo è il rischio più grande che potrete correre. Ne avete voglia?

martedì 18 giugno 2013

Cos'è la felicità?

Già, cos'è la felicità? Al di là di parole di filosofi, artisti o psichiatri, questo è un argomento sul quale la risposta non può che essere soggettiva. Ognuno di noi ha  un particolare concetto di felicità: qualche attività, qualche momento, qualche persona lo fanno sentire felice (sereno, appagato, gioioso, moderatamente soddisfatto, euforico etc.).

Perché è importante saperlo? 

Perché è uno degli elementi da cui deriva la scelta curarsi/non curarsi.

Ad esempio, queste sono le cose che rendono o hanno reso me felice: leggere, scrivere, studiare, fare psicoanalisi, essere di aiuto agli altri, cantare, danzare, camminare, nuotare....

Per me prime 5, il perfetto compenso dato dai farmaci è stato ed è fondamentale.
Durante l'ultima depressione passai da leggere un libro al giorno a non essere neppure in grado di leggere i titoli di un quotidiano. Un incubo.
Vero, in crisi maniacale componevo poesie che mi sembravano splendide...ma col senno della stabilità, non lo erano più molto.
Cantare e danzare, certo, potrei farlo anche da scompensata, forse sentendomi anche più viva.
Ma perderei le prime cause di felicità.

E allora? Allora prendo farmaci.

Ascolto molti amici e ognuno dà una versione diversa di felicità. Ed è importante rispondersi, perché, se scopriamo che la conditio sine qua non della nostra felicità è avere dei neurotrasmettitori che funzionino bene, allora....dobbiamo curarci.

In caso contrario, come mi ha detto recentemente un amico "ma invece di studiare tanto non potevi fare un corso di recitazione che facevi prima? tanto gli attori di successo sono tutti fuori di testa..."

Quasi vero. Nel campo artistico il disturbo bipolare è senz'altro più tollerato che non in una banca.

Ma saremmo stati felici? 

lunedì 27 maggio 2013

Come stare vicini a chi soffre di disturbo bipolare

Ho spesso detto che per stare vicini a chi soffre di Db o di un'altra malattia mentale servano dei superpoteri, e non tutti li hanno.

Se voi pensate di averli, sappiate che esistono delle regole base per stare vicini e supportare, con amore, chi soffre di DB. Spesso anche le migliori intenzioni del mondo creano danni. Quindi, che fare?

1) REGOLA BASE: NON STRESSATE. Chi è in una fase maniacale o depressiva è già supermegaiperstressato di suo, non vi ci mettete anche voi. Inutile dire "stai calmo" o "tirati su": avessimo potuto farlo con le nostre forze, l'avremmo già fatto. Il punto è che proprio non possiamo. Il nostro cervello sta ballando una rumba scatenata con i neurotrasmettitori, sappiamo che voi non capite, ma dateci tregua.

2) CERCATE I MEDICI MIGLIORI. Chi soffre di DB ha necessità di essere monitorato COSTANTEMENTE. Una visita all'anno è ridicola, due possono andar bene dopo anni e anni di compenso (anche se io, dopo 8 anni di compenso, ne faccio una al mese), durante le crisi ne servono una o due alla settimana. Tenete conto

3) NON GIUDICATE E NON SPAVENTATEVI. Stiamo semplicemente mostrando quanto TUTTI HANNO DENTRO MA AVENDO AUTOREPRESSIONI (SuperIO) PERFETTAMENTE FUNZIONANTI NON LO DIMOSTRANO. Voi fareste la stessa cosa al nostro posto. Non siamo mostri e non siamo pazzi, siamo persone normali. Solo che i nostri freni inibitori sono andati a farsi benedire, e voi che li avete attivati vi spaventate. Ma parlare di morte, avere una rabbia immensa, parlare in ripa o troppo.... non è follia. Ripeto, al nostro posto, con la dopamina alle stelle e la serotonina in coma, fareste la stessa cosa.

4) CERCATE DI PROTEGGERCI MA CON CALMA. Le lezioni d'amore urlate non fanno bene a nessuno. In fase maniacale pensiamo di fare qualcosa di estremamente pericoloso? Distraetemi, fatemi fare qualcos'altro di interessante...tanto la nostra attenzione non regge più di 5 minuti. In fase depressiva penso al suicidio? Chiamate subito il 118 - NESSUNA IDEAZIONE SUICIDARIA VA PRESA ALLA LEGGERA. La maggior parte dei suicidi probabilmente sono bipolari in ciclo misto (abbastanza depresso da pensare alla morte, abbastanza maniacale da attuarla).

5) NON VERGOGNATEVI di avere un familiare che soffre di una malattia mentale. E' una malattia, non è contagiosa, non è un peccato, non è un'onta, un segreto terribile. E' una malattia che va curata.

6) SE POTETE, NON SPARITE DALLE NOSTRE VITE - soprattutto durante una crisi. Siamo già iperstressati di nostro, una perdita affettiva non fa che peggiorare la situazione. A dolore si somma dolore. Non è molto carino, non trovate? Ma certe accortezze, che dovrebbero essere la base di ogni umanità, oggi sono superpoteri, mi rendo conto.

7) dopo la crisi, il vostro amato/a ritornerà ad essere quello/a che amate. Certo, ci saranno strascichi pesanti, dovrà curarsi, dovrà magari affrontare i suoi fantasmi. Ma è sempre quello che avete amato, prima.

8) nel dubbio, chiedete sempre allo psichiatra o allo psicoterapeuta (o alla, rispettivamente) che segue il vostro familiare. Sono senza dubbio indicati a darvi i migliori suggerimenti.

domenica 19 maggio 2013

Dopo il ricovero e dopo la diagnosi: che fare?

A posteriori, mi rendo conto di quanto io sia stata fortunata, nella sfortuna. Fortunata ad avere trovato medici eccezionali, soprattutto, fortunata a rispondere bene a certi farmaci, fortunata anche quando è sembrato che non lo fossi, fortunata ad avere una famiglia che mi avrebbe portato dall'altra parte del mondo per vedermi star bene, fortunata ad aver incontrato persone che non si sono approfittate del mio stato di debolezza ma mi hanno aiutato. Tralascio le brutture ("amici" che scompaiono, vicini di casa che smettono di salutare, etc.), che comunque ci sono state. Chissà, forse un giorno capirò che anche queste brutture sono state colpi di fortuna, e mi hanno evitato di continuare a frequentare persone non adatte a me. 

Certo, i miei angeli custodi devono aver fatto gli straordinari...me li immagino magrissimi, con tutte le calorie che gli avrò fatto consumare!

Dunque, siete appena stati dimessi dopo un ricovero e vi è arrivata questa mazzata sul collo: trattasi di disturbo bipolare. Oltre che quella sul collo, vi sarà arrivata probabilmente anche una mazzata farmacologica: gli antipsicotici (purtroppo da prendere nel caso di mania o ipomania, ma anche nel caso di grave depressione, perché quasi tutti gli antidepressivi, eccetto il Wellbutrin, possono causare a chi soffre di disturbo bipolare un viraggio maniacale) - non proprio delle mentine.

Ora, che fare?

1) Assolutamente: cercate un bravo psichiatria che vi segua costantemente. Talvolta la dimissione è: prenda questa cura, auguri, tanti saluti. A me successe. Tanti saluti? Non esiste....i dosaggi dei farmaci adatti ad una fase di emergenza non sono gli stessi da assumere nella fase di mantenimento, tutt'altro! Se non volete passare la vostra vita decisamente male (eufemismo che nasconde: se non volete trasformarvi in vegetali), cercate subito un bravo psichiatra - sia privato, sia in un centro di salute mentale pubblico.

2) Nei primi mesi, rassegnatevi a visite di controllo frequenti. A me capitò anche di andare due volte alla settimana, o tre. State prendendovi cura della vostra vita, prendete questo tempo da dedicare a voi stessi. Poi la frequenza diminuirà, assicurato

3) Siete certi della diagnosi? il punto 1) serve anche per avere una seconda opinione. Male non fa.

4) Siete certi che il farmaco che vi hanno dato sia il più adatto a voi? I medici non vi hanno mai visto, un ricovero medio dura una, al massimo due settimane, provano una molecola. Normale. Ne hanno tante, scelgono. Ma la molecola giusta non dovrebbe riempirvi di effetti collaterali, come acatinesia (necessità di camminare senza sosta - anche qui i miei angeli hanno lavorato, alle 5 del mattino ero già al parco), rigidità, torpore. Il farmaco giusto per voi placa i vostri eccessi senza causarvi altro - al più metterete su qualche chilo (ma meglio qualche chilo di troppo che l'inferno bipolare).

5) Quanto il vostro compenso sarà buono, potrete cercare uno psicoterapeuta. Non fatelo prima, sprechereste solo soldi. Non sareste in grado di affrontare una psicoterapia, mentre siete "fuori come dei picchi". Questo passo è opzionale: non tutti lo fanno, taluni prendono farmaci e basta. Io l'ho fatto, e mi è servito moltissimo. A dire il vero, questa strada mi ha ribaltato la vita. Di più: è stata la cosa migliore, per me stessa, che abbia mai fatto.

6) Soprattutto, non sentitevi dei condannati. Il DB oggi non è una condanna a vita o peggio. E' una malattia, che va curata nel migliore dei modi. E che, se curata nel migliore dei modi, permette di avere vite assolutamente "normali", serene e soddisfacenti.

PS: ricordate sempre che, in Italia, chi soffre di disturbo bipolare ha DIRITTO all'ESENZIONE TOTALE dal pagamento per visite psichiatriche, farmaci, analisi del sangue etc. Averlo non è complicato: uno psichiatra di un ospedale pubblico (non ricordo se anche del centro di salute mentale, ma potete accertarlo facilmente) riempirà un modulo, con questo modulo andate alla vostra ASL di zona e in pochi minuti avrete l'esenzione, valida due anni (cosa strana perché si tratta di un disturbo cronico, quindi non si capisce perché non debba essere "cronica" anche l'esenzione). Il che vi permetterà di avere visite psichiatriche GRATIS. Come scusante, quindi, avere pochi soldi non vale. ;-)

mercoledì 1 maggio 2013

Strategie di primavera

Compagni bipolari, sapete bene che i cambi di stagione per noi sono abbastanza duri da affrontare.
Ogni stagione porta con sé pericoli: in primavera, soprattutto ritorni di depressione o di mania, in estate campeggia la mania, in autunno la depressione, in inverno depressione o mania.
A seconda di come ognuno è fatto e come reagisce.

Ho passato primavere terribili. La natura si risvegliava, io mi spegnevo.
Giù negli abissi, chiusa in casa, a fuggire il tepore, il sole, le risate.

Grazie ai farmaci va meglio, ma lo spettro bipolare si fa sentire. Un mese e mezzo di pioggia quasi continua non ha aiutato: è difficile trovare positività e joie de vivre.

Questo lo sappiamo noi, e lo sa chi ci vive accanto.

Strategie se siete inclini alla depressione:
- monitorare costantemente il proprio umore;
- seguire con costanza le cure e, se lo ritenete il caso, sentire il vostro psichiatra per aggiustare la terapia;
- fate sport, se potete, state all'aria aperta, anche mezz'ora al giorno allontana la depressione;
- mantenetevi in "attivazione comportamentale": andate a lavorare, cercate di vedere gli amici, non chiudetevi in casa - non scatenate un circolo vizioso - meno fate, meno fareste.

Strategie se siete inclini alla mania:
- monitorare l'umore, il livello di energia, le ore di sonno: se avete troppa energia e dormite troppo poco, valutate con lo psichiatra di prendere un sonnifero o aumentare i farmaci - o avete voglia di passare le ferie estive in repartino? no grazie, vero?
- sfogate l'energia in eccesso con lo sport;
- ancora più che nel caso di depressione, affidatevi alle opinioni di chi vi circonda: partner, familiari - noi stiamo davvero bene in mania o ipomania, e rifiutiamo di sentirci dire "stai male", ma davvero c'è qualcosa che non va.

Nel frattempo, cerco di ricordarmi che tutto passa. Passeranno le difficoltà, passerà questo clima inglese, passeranno i giorni e il mio umore rivedrà la luce.



lunedì 15 aprile 2013

Come sarebbe bello

Se la vita fosse giusta.

Non un libro, non un film: mi basterebbe che la vita fosse un po' più equa...diciamo meritocratica?

Tot impegno, tot ricompense. Tot bontà, tot premio. Facile, pulito. 

Qualcuno inventi una bilancia della dea Maat da usare ora, subito. Ce n'è urgente bisogno.

Finalmente ho visto il film "Il lato positivo". A parte la maleducazione dello spettatore che si è inalberato per tre-commenti-tre scambiati a voce bassissima tra me e mio marito (ne compiango la moglie, ma ognuno ha il marito che si merita...forse?), film carino.

Ma chi conosce il DB esce con l'amaro in bocca. Tutto così semplice? Sì, ciao, solo nei film.

Il resto è vita, reale, sofferenza, anni passati sul lettino, anni a litigare con gli psichiatri, anni passati a ricordarsi le pillole ogni sera (o due, o tre volte al giorno), anni passati con sbalzi d'umore di cui un normale non può neppure immaginare la portata, anni di sconforto, di risvegli depressi, di idee maniacali, di normalità che sembra grigia, di pianti, di dolore, di segreti, di nascondersi e far finta di non esistere, anni buttati per l'etichettamento, anni di vergogna, anni di disastri economici, anni di sesso facile in cui ci riduciamo a meri oggetti....

Avete capito, senz'altro perché conoscete.

Certo, sarebbe bello. Sarebbe bello se tutto funzionasse un po' meglio, se davvero ci fosse una ricompensa (una bella martingala vinta) ad aspettarci fuori dalla porta.

Il nostro solo premio saremo noi stessi, e giorni un po' meno amari. Un lieve battito di serenità.

domenica 7 aprile 2013

Quanto etichettiamo noi stessi?

Se anche la società non ci etichettasse e non ci condannasse (cosa che, indubbiamente fa), quanto noi etichettiamo noi stessi?

Quanto noi ci limitiamo e non affrontiamo la vita perché siamo "malati"?
Per di più, malati mentali, pazzi, depressi, ansiosi, e via cantando?

Un conto è essere consci dei propri limiti e delle proprie forze: questo va fatto. Ricostruirsi, consci che nulla sarà e potrà mai essere come prima: la diagnosi è uno spartiacque fondamentale nelle nostre vite. Tutto cambia. 

Altro, tutt'altro, è annullare se stessi, le proprie capacità e la propria bellezza e costruirsi una gabbia di malattia. Una gabbia dalla quale uscire sarà difficile. Perché, come il diavoletto della favola, noi avremo sempre questo brutto grillo parlante che ci dice: tu? proprio tu? ma andiamo....

E se non lo sentiamo chiaramente, può essere anche peggio. Può essere nascosto dentro di noi, talmente ben nascosto da risultare invisibile. Come dice un'antica fiaba, il posto migliore per nascondere qualcosa non è sulla cima di una montagna  o nel fondo del mare (lì l'uomo, esploratore, potrebbe arrivare); il posto migliore è dentro di noi, l'ultimo posto dove ogni uomo va a guardare.

Non potremo cambiare il mondo, la concezione che il mondo ha di chi soffre di una malattia mentale, se prima non la cambiamo noi, dentro di noi.

Il che non significa diventare sbruffoni o inconsapevoli, temerari ed arditi.
Significa sapere di avere una malattia, che spesso ci rende le giornate buie o troppo luminose, con la quale dobbiamo convivere. Senza sentirsi pazzi, falliti o destinati all'infelicità  per questo.

lunedì 1 aprile 2013

Conosco bipolari....

Che non vogliono curarsi perché si sentono tanto "belli" caratterialmente, con i loro up and down, wow quante emozioni, altro che il grigiore dei farmaci.

Che vorrebbero curarsi ma non osano prendere farmaci perché leggono i bugiardini e si spaventano di tutte le altre malattie che i farmaci potrebbero far venire.

Che si curano, poretti, e per anni non trovano la molecola giusta per loro e stanno male comunque, un ricaduta dietro l'altra, mesi, anni di sofferenza.

Che si curano a singhiozzo e poi ricadono nei vizietti, marijuana, cocaina, alcool, passano le notti nei bar, fino al prossimo tso, rovinando la vita a loro stessi e alle loro famiglie, e via discorrendo.

Che si curano, vanno dallo psicoterapeuta, continuano anche se la vita spesso è una merda (oh là. diciamocelo chiaramente), le cose non vanno come dovrebbero, le persone non si comportano correttamente, ma intanto sono più o meno stabili, in possesso delle loro facoltà e non fanno scontare la loro vita ad altri.

Ogni tanto mi dico: sei stata fortunata. Poi mi riprendo. Non sei stata solo fortunata. Ti sei anche fatta un mazzo quadrato. Per anni. Nove anni e mezzo di psicoterapia. Cure continue. Continua ricerca, senza fermarsi mai, senza accettare di essere solo "una malata", con tutto ciò che ne consegue.

Il mondo continua a girare, che noi ci curiamo o no.

Le persone hanno perso la dotazione minima di valori e di etica, che noi ci curiamo o no.

La vita è difficile, in Italia terribile, siamo sulla soglia della povertà, in tanti, che noi ci curiamo o no.

Ma chi ci ha promesso che sarebbe stata facile? A chi abbiamo concesso questa illimitata fiducia, nella felicità, nel benessere, nel successo, nella correttezza dei rapporti umani?

Ognuno fa quello che può. E se ogni tanto è miseramente poco, che fare?


martedì 26 marzo 2013

Scoramento...magma...brodo primordiale

L'ultimo post scritto riguardava la legge dell'ottava...penso di essere in una fase SI da allora...scoramento, confusione, magma indistinto...non so cosa voglio davvero fare e quale direzione prendere.
E allora sto ferma.

Ho attraversato varie fasi di questo tipo durante la psicoanalisi. Sono fasi strane: non ho un vortice di pensieri, non ho pensieri. Non parlo. So che il mio inconscio sta lavorando dentro di me ma per ora non riesco a sentire cosa vuole.

Colpa del DB? Non credo. Credo che capiti a tutti. 
Credo sia colpa dell'ascendente Gemelli: troppi interessi, troppi. E abbastanza energie per seguirne, se non tutti, davvero molti. Il DB ha giocato per anni di sponda: troppe energie per troppi mesi. Superwoman. Oggi solo woman, cribbio, che fatica.

Mio fratello, durante una di queste fasi, mi disse: oggi ci sono troppe sollecitazioni. Tu rischi di diventare un Jack of all trades but master of nothing.

Mio fratello parla poco ma quando parla colpisce a segno con poche parole. Tranchant. In grado di sotterrare. (Mio fratello è uno che, durante una orribile fase di depressione con ipersonnia, per farmi alzare dal letto metteva la canzone "Don Chisciotte" a tutto volume, dove Francesco Guccini dice "Solo i cinici e i codardi non si svegliano all'aurora". Ed io, distrutta, a fatica, depressa oltre ogni ore dire, mi alzavo, perché mai e poi mai avrei accettato di essere cinica o codarda. Terapia d'urto, ma funzionava).

Io Jack of all trades? Nononono, per carità. But master of what? Questo non mi è per nulla chiaro.

In questa fase di stop, vivo la normale quotidianità, il minimo indispensabile. Non progetto, non scrivo, non creo. Non ho la forza di vedere troppa gente, perché mi verrebbe richiesta una grande attenzione (che normalmente dispenso a piene...orecchie ed empatia), e io non voglio, in questi giorni, stare attenta agli altri. Vorrei che gli altri fossero, per una volta, attenti a me. Ma la gente si abitua....

Quindi sto parecchio da sola. Leggo molto. Faccio yoga e cerco di meditare.

Aspetto, consapevole che la risposta può venire da me e solo da me (e sperando che, diversamente dal Quelo di Guzzanti, non sia quella sbagliata). 

Buona primavera a tutti....

martedì 12 marzo 2013

Legge dell'ottava: come si applica allo scoramento

Oggi stavo navigando in internet per saperne un po' di più della "Legge dell'ottava" (detta anche legge del sette), una legge cosmica che spiega come mai il numero 7 compaia in così tanti elementi della vita, e spiega come le cose, gli atti, gli avvenimenti, procedano secondo vibrazioni non uniformi, ma che, al loro interno, hanno due cadute di tensione.

Questo detto estremamente in breve e in modo talmente semplicistico... va beh, me ne vergognerò un'altra volta.

In un blog (http://ginevrapressenda.blogspot.com) ho trovato questa spiegazione dello scoramento, secondo la quale ogni azione, ogni progetto funziona in questo modo:

DO: progetto iniziale, atto di volontà, direzione del pensiero;
RE: si passa all'azione sull'onda dell'entusiasmo;
MI: ci si rende conto delle difficoltà incontrate sul cammino che non si erano considerate;
FA: ci si sforza di superare la crisi con il pensiero razionale;
SOL: si riprende l'azione con un ulteriore sforzo e con concentrazione maggiore;
SI: si entra in crisi, scoramento, non si riesce a capire cos'altro possiamo fare per raggiungere obiettivi che ci appaiono ancora lontani;
DO: si riparte con una nuova spinta motivazionale, oppure si punta a un nuovo obiettivo.

Mi è venuto spontaneo pensare a come applicarla alla guarigione/stabilizzazione del DB.
La cosa potrebbe essere:

DO: dopo la prima crisi, il ricovero, etc, progettiamo di curarci, prendere i farmaci e seguire le cure;
RE: iniziamo la cura con entusiasmo e voglia di star bene;
MI: iniziamo ad ingrassare e ad avere effetti collaterali, ci sentiamo grigi, spenti, abbiamo voglia di rivivere il nostro enorme mondo emotivo o di smettere i farmaci;
FA: smettiamo i farmaci o continuiamo a curarci per il bene nostro e di qualcun altro ma non sappiamo bene il perchè;
SOL: continuiamo a curarci ma non ci sentiamo ancora bene, ci sentiamo spenti; se abbiamo smesso i farmaci ci sforziamo in ogni modo di star bene e non capiamo perché nonostante tutti i nostri sforzi non abbiamo successo;
SI: altra crisi: perché è successo a noi? perché dobbiamo curarci? 
DO: ripartiamo con le cure, magari provando altri farmaci o iniziando una psicoterapia.

Accade, vero?

Il guaio è che questi punti, queste cadute tra MI e FA e SI e DO, come tutte le altre fasi, non durano pochi minuti; possono durare giorni, mesi....e per noi sono mesi di dolore intenso. Per noi più che per altri.

Quindi non è facile. A cosa serve conoscere questa legge? Forse a sapere che la vita, la direzione da A a B, non è una linea retta, dove tutto andrà sempre bene, in modo lineare, ma una linea ondulata, con cadute di tono. Inevitabili sofferenze, inevitabili crisi.

Sapendolo, riusciremo a gestire meglio? A non sentirci perseguitati dalla vita e dal destino?

Ad aspettare che le cose si chiariscano e, nel frattempo, a non perdere di vista l'obiettivo della nostra salute e del nostro benessere? Me lo auguro.



domenica 3 marzo 2013

Film: Il lato positivo

Sta per uscire in Italia il film "Il lato positivo", ennesima traduzione farlocca in italiano di "Silver lining playbook".
Il libro, lo trovate sotto etichetta "libri", era "Il lato argenteo delle nuvole". Candidato a svariati premi Oscar, ha visto vincere la protagonista, Jennifer Gardner, come miglior attrice protagonista.

Nel libro il protagonista soffre di una malattia mentale non meglio specificata, nel film questa malattia è diventata...indovinato, il Disturbo Bipolare!

Seguendo la trama del libro e del film, il nostro si è fatto 4 anni e mezzo di ricovero in una clinica...ora, che un D.B. dia adito a 4 anni e mezzo di ricovero mi sembra quanto meno improbabile. Probabilmente la scelta è stata dettata da un mix di fattori: il D.B. è molto noto in America, se ne parla molto, c'è un'alta percentuale di malati, e soprattutto, andiamo, è molto coreografico!

Quale altra malattia mentale non rende totalmente fuori da questa realtà ma dà un mix di caratteristiche che al cinema rendono molto bene?? ;-)

Interessante il trailer: "un tipo così non l'avete mai visto"... beh, non solo ho visto di peggio, ho pensato, ma tutto è relativo...se sei uno psichiatra e lavori in un repartino tipi così ne avrai visti davvero molti!

Ovviamente andrò a vederlo, sperando che sia un bel modo di portare luce e informazione sulla malattia. 
L'obiettivo è sempre quello: arrivare a demitizzare la malattia mentale. E' una malattia, non una vergogna, questo dovremmo ricordarci sempre, tentare di insegnarlo, tentare di far capire che anche se in passato abbiamo avuto una crisi psicotica, questo non significa che siamo totalmente folli.

Ne siamo ancora ben lontani, vero? L'etichettamento, la paura, i pregiudizi giocano ancora con armi fortissime.

Intanto, strada facendo, cerchiamo di fare del nostro meglio.... 


sabato 23 febbraio 2013

Meravigliosa Ossitocina

Ho già parlato dell'ossitocina (sotto l'etichetta "Emotività"), ma poiché sento sempre più amiche (bipolari o no) con tutti i sintomi di un basso livello di ossitocina, riparliamone.

Fantastico ormone, tipicamente femminile, prodotto in gran quantità durante l'allattamento....
Come mi rendo conto di avere l'ossitocina bassa? Perché mi sento SOVRASTATA dal quotidiano. La capacità di resistere agli stress diminuisce molto, gli impegni che normalmente svolgo con leggerezza o quanto meno quotidianità mi sembrano essere troppo numerosi  e troppo difficili, mi viene da piangere per un nonnulla....

Quando sono così, urge alzare l'ossitocina. Ora, in internet trovate ben 100 modi per alzare l'ossitocina. Tutti gradevoli, come vedrete. Mio marito ormai ha capito l'antifona: quando mi vede in quello stato, mi dice: perché non esci con la tua amica? perché non vai alle terme? vai a passeggiare, amour!

Sa che io HO BISOGNO di certe attività: mi ristorano, mi riportano pace e serenità, dopo rientro a casa più contenta. E quindi mi sprona a farle, come, quando vede i segnali da "nervosismo da bambino piccolo", quando sono talmente stanca da diventare irritabile, e mi spinge delicatamente a dormire....altra mano santa per noi

Dunque, ecco l'elenco, tratto dal sito www.nienteansia.it

http://www.nienteansia.it/forum/umore-depresso/100-azioni-che-aumentano-l-ossitocina-per-tani-e-per-tutti/12865

Ovviamente, scegliete quelle in sintonia con voi stessi, se sono 100 è proprio perché possiate scegliere!

martedì 12 febbraio 2013

Farmaci sì, farmaci no....

Ancora sull'argomento....

Quanti di voi sono ancora alle prese con questo dilemma?

Gli psicofarmaci sono brutti, cattivi, fanno male, hanno un sacco di effetti collaterali, voglio stare senza, ora sto bene smetto, smetto per purificarmi, smetto perché non voglio essere dipendente, etc. etc. etc.

Quanti ne abbiamo sentiti? quando l'abbiamo detto anche noi?

Io ormai convivo pacificamente con le mie due scatolette, sempre sul comodino.

Conosco persone che rifiutano anche il carbonato di litio (che è un sale, naturale), e io invece vorrei prenderlo, oh come vorrei prenderlo...ma no puedo, mi aveva causato insufficienza renale.

Quindi convivo con gli psicofarmaci.

Ora, vero che hanno effetti collaterali. Tutti i farmaci li hanno. Se ci facessimo spaventare dal bugiardino, non prenderemmo più neppure l'aspirina. Anche l'aspirina ha svariati effetti collaterali, eppure la prendiamo. 

Vero anche che molti sono nuovi, e, se il vantaggio è che hanno meno effetti collaterali dannosi sul breve periodo, il grave svantaggio è che non se ne conoscono ancora gli effetti sul lungo periodo, ovvero i potenziali danni che un'assunzione prolungata, di anni e anni, potrebbe dare. Wow, siamo cavie umane! ;-)

Dall'altro lato, vivere senza farmaci ci espone a crisi ripetute, più o meno frequenti a seconda dei casi, più o meno gravi, che potrebbero danneggiare non solo la nostra vita attuale (scompensi economici, lavorativi, relazionali, sociali) ma anche la nostra vita futura, perché ogni crisi, depressiva, ma soprattutto maniacale, è un enorme stress per il cervello che potrebbe (siamo sempre nel campo delle ipotesi) portare, alla lunga, alla perdita di sostanza cognitiva.

Insomma, tra il ritrovarmi a 80 anni demente per aver preso farmaci ma avendo vissuto bene 50 anni e ritrovarmi demente a 80 anni per non aver preso farmaci e avendo vissuto male (e avendo fatto vivere male chi mi circonda) i precedenti 50 anni, io ho scelto la prima.

Scelta cinica? Forse, forse solo realista, forse anche responsabile.


Nel frattempo, spero che anche in Italia approvino la legge sull'eutanasia, perché vivere da demente non rientra nei miei progetti.


Altrimenti, come nell'epoca fascista,  resta sempre Lugano....


Ma sono conscia che ognuno è un mondo a sé, ognuno di noi deve fare le proprie scelte, le scelte che sente più in sintonia con se stesso e il proprio mondo. A tutti, buona fortuna.



lunedì 4 febbraio 2013

Vuoto di senso e crisi

Negli ultimi due giorni ho capito che una delle cose che mi hanno fatto più male (eccezion fatta per le malattie mie, delle persone e degli animali che amo) è il vuoto di senso.

Una mia amica stamani mi ha detto: ah, vuoi dire il senso di vuoto? (altro compagno che ben conosco, purtroppo).

No, voglio proprio dire il vuoto di senso, ho risposto, quella sensazione di quando tutti i tuoi sforzi, il tuo impegno, le tue fatiche, la tua etica etc. ti sembra che non abbiano senso... vuoi perché vanno avanti altri (per soldi, per conoscenze, per raccomandazioni), vuoi perché arriva un imprevisto che ti sembra annullare tutto.

In questi giorni mi sentivo così, ed ho avuto la prova di quanta strada ho fatto e di quanto la presenza di mio marito sia fondamentale nella mia vita.

Credo che se fossi stata sola avrei spaccato di nuovo qualcosa, guadagnandoci soltanto un altro TSO e un'altra gita in repartino, perché mi sentivo invasa da emozioni fortissime, che non sapevo come sfogare, come far uscire, come placare

Ho danzato, ho saltato, ho fatto esercizi di bioenergetica, ma nulla sembrava svuotare quello che sentivo dentro.

Allora sono semplicemente rimasta dentro a queste emozioni, le ho viste, le ho sentite, ho capito cosa mi stavano dicendo. Sospiravo parecchio.

Si sono calmate, ed ho potuto andare oltre, a recuperare pezzi di me stessa, a rendermi conto che ora riesco a stare di fronte ad eventi depressivi o attivanti senza attivare subito sintomi di DB.

Caspita....

Non è facile, non ho mai detto né mai dirò che lo sia.

Le nostre emozioni spesso hanno un'intensità paurosa, ci sembra che potremmo bruciare gli altri semplicemente toccandoli, ci sembra che potremmo distruggere noi stessi e gli altri se dessimo libero sfogo a noi stessi.
Ma la repressione non è la soluzione...io in genere ci guadagno soltanto qualche giorno di depressione, di totale apatia.

Mio marito si preoccupa se mi vede giù. "Faccio il mio mestiere", gli rispondo, che è quello del bipolare.
Con la consapevolezza che non solo è la vita ad essere bipolare, ma che spesso variazioni ormonali (per noi donne, quelle del ciclo mestruale, della gravidanza, della menopausa) possono contribuire abbondantemente a squilibrarci.

Così, cercando ancora di ritrovare un senso completo (per ora ho capito che sto bene quando CELEBRO la vita: quando canto, danzo, scrivo, quando aiuto gli altri dal cuore, quando rido, quando bacio, quando parlo con le mie amiche, ma chissà), mi accontento, per oggi, di aver evitato una crisi peggiore....

martedì 29 gennaio 2013

"Se non parte da noi la volontà di curarsi, gli altri contano molto poco"

Stavo chattando con la mia amichina del cuore, e lei mi ha scritto questa frase.

Bella, vero? E anche molto vera!

Se la volontà di curarsi non parte da noi, gli altri (famiglia, partner, amici, colleghi) contano molto poco. 
Praticamente nulla.

Anzi, può anche darsi che collaborino alla nostra decisione di NON curarci.

Perché, se davvero resistiamo con tutte le nostre forze all'idea di avere una malattia da curare, se non vogliamo prendere psicofarmaci perché sono orribili, se noi non abbiamo una malattia ma la colpa è sempre del mondo esterno che non ci capisce, che è cattivo, che ci vuole male, allora la famiglia, per amor del quieto vivere, può dire: è vero, tu stai benissimo, tu sei tanto buona, sono gli altri che sono cattivi, figurati se con tutti i delinquenti che ci sono in giro proprio TU devi prendere farmaci!

E quella che ci sembra un'accoglienza amorevole diventa parte della nostra rovina.

La rovina di non ammettere la verità. La rovina di non ammettere di avere una malattia da curare. La rovina di non cercare la soluzione più giusta per la nostra vita.

Quante vite si rovinano, letteralmente, per questo motivo?

Per una vita artistica che ha bisogno del DB ed è circondata di persone che stoicamente sopportano deliri, quante vite rovinano se stessi, il proprio lavoro, le proprie relazioni, la propria famiglia?

Famiglie che si sfasciano perché il troppo è troppo, non si regge più.
Famiglie rovinate economicamente da spese folli.
Tragedie? vogliamo parlare delle tragedie, dei suicidi, dei raptus improvvisi, degli omicidi?

Tutto deve partire da noi. Facciamoci un bagno di umiltà ed ammettiamo di avere un problema. Oggi ci sono decine di farmaci e di modi per risolverlo. Diabolico non è avere una malattia, e non è neppure una maledizione divina, diabolico è avere una malattia e voler continuare ad essere malati, senza cercare le cure.

Per cosa?

lunedì 28 gennaio 2013

Prima conclusione della psicoterapia

Dopo 9 anni e mezzo ininterrotti di psicoterapia (di cui gli ultimi anni di psicoanalisi), il mio psicoanalista ha proposto di terminare il nostro ciclo terapeutico.

Sulle prime, è stato uno shock. Ho avuto bisogno di tre mesi di tempo per abituarmi all'idea.

Un rapporto così lungo, un impegno settimanale costante. La certezza che lui ci fosse, sempre, tranne che ad agosto e nelle feste canoniche, che comunque diventavano una vacanza anche da me stessa. Soprattutto, un transfert "enormemente investito".

Insomma, ho dovuto rifletterci per bene. Ma le parole del mio psico ("è una strada necessaria per l'individuazione, che dopo un lavoro così lungo - e profondo, aggiungo io - lei stia senza vedere lo psicoanalista") hanno avuto il loro peso. L'obiettivo dell'individuazione, di diventare un individuo libero e SANO, credo che sia stato sempre la mia guida, la mia lanterna rossa. E le sfide mi piacciono enormemente, soprattutto quelle con me stessa.

Potevo rifiutare? Decisamente no.

Ora, tra scherzose minacce della mia psichiatra ("se si fa venire una crisi maniacale per il lutto della fine della terapia, io le SPARO!") e fiumi di lacrime (mie, ovviamente, credete mica che un lacaniano pianga?? ma andiamo!), abbiamo concluso questo lungo ciclo.

I primi giorni mi sentivo un po' spaesata, e soprattutto questa perdita mi sembrava davvero strana.
Era una vera e propria perdita, di una persona che è stata importantissima e fondamentale nella mia vita, che mi ha aiutato a capire come stare nel mondo, davvero nella realtà, quindi dolorosa.
Una perdita di una persona a cui voglio molto bene e che stimo immensamente (e dai col transfert! ;-) ).
Una perdita non determinata da morte, da litigi, da allontanamento per altre cause: lui è sempre lì, nella mia stessa città, vicino, eppure per diventare individuo è bene che non lo veda.

E' una vicenda davvero strana. Non mi manca la terapia perché, vivaIddio, dopo 9 anni e mezzo si impara a psicoanalizzarsi da soli. E si fa in continuazione.

Mi manca LUI. Il suo sorriso, il suo sguardo, la sua ironia, il suo prendermi in giro, il suo non farmene passare una...
Ma la mancanza si fa ogni giorno più lieve, più tollerabile.

Resta un'immensa, un'infinita gratitudine per esserci stato, per essere stato il Virgilio che mi ha accompagnato nel viaggio tra l'inferno e il purgatorio (per il Paradiso ci stiamo ancora attrezzando, ma è di questo mondo? bella domanda), per essere un terapeuta eccezionale....

Comunque, che dire? E' una strada che davvero consiglierei a tante persone, ma soprattutto a chi soffre di DB... perché se si soffre di DB si tende a essere bipolare anche nelle reazioni emotive, e quindi ci vuole un lungo lavoro di ricostruzione per non esserlo più.

Confermo, è una strada lunga, dolorosa, costosa. Batterei il tasto soprattutto sull'aggettivo DOLOROSO: guardarsi dentro, guardare le proprie ombre, è la cosa più coraggiosa e più difficile che esista. Ma se si vuole crescere e diventare individui, no way, bisogna passare di qui. Passaggio obbligato. Solo guardando, accettando ed integrando tutte le parti di sé riusciremo ad essere davvero UNO e a capire ed accettare gli altri, uscendo dal giudizio.

giovedì 17 gennaio 2013

Crisi pantoclastica

Avete letto nei giorni scorsi la notizia su Cristiano De André?
I giornali riportavano che i vicini sentivano rumori di cose rotte, hanno chiamato le forze dell'ordine, lui non voleva neppure aprire ai carabinieri. Quando loro, supportati da Dori Ghezzi ed Alba Parietti, sono riusciti ad entrare, hanno trovato la casa  in totale soqquadro.

Vi ricorda nulla?

Ora, lungi da me fare diagnosi od ipotesi, e sempre prendere con le pinze qualsiasi articolo giornalistico, ma sembra la descrizione di una bella crisi pantoclastica (traduzione letterale: si spacca tutto), un accessorio della crisi maniacale.

Io ne ho avute due.
La prima, più che pantoclastica è stata, per chi la vedeva, pantocaotica. Non avevo distrutto nulla, avevo soltanto riunito le cose in tre mucchi, per analogia.
Agli esterni e normali sembrava che io avessi fatto un caos, ma nella mia testa quel caos seguiva precise regole analogiche: mi sembrava che le cose dovessero stare insieme o per colore o per funzione o per analogie sottili che, evidentemente, solo io capivo.
Durante quella crisi, accaddero cose strane. Oltre avere un'espansione della coscienza incredibile, mi ero fissata con un certo ordine e certi nodi. Anni dopo, mi capitò di vedere quei nodi: erano usati da una tribù sciamanica dell'Australia. Ora, io non sono mai stata in Australia e non avevo mai visto quei nodi prima. Quella per me fu la prova provata dell'inconscio collettivo junghiano, quell'immenso serbatoio in cui tutti, evidentemente, ed in particolare in stato maniacale, peschiamo a piene mani.

La seconda fu proprio pantoclastica: la mia vita mi sembrava un'assurdità, totalmente priva di senso, ogni sforzo, ogni impegno, si era rivelato vano, senza scopo.
Ruppi tutto. Quadri, libri, vestiti. Salvai solo alcuni libri evidentemente troppo preziosi per me.
Indovinate la conclusione? Certo, ricovero in repartino (in entrambi i casi).
Mio padre e un mio ex fidanzato si occuparono di rimediare a tutto quello...ancora li ringrazio.

Che dire? cose che capitano. Me ne vergogno? Mah, mi vergogno di altro....sempre di cose dette o fatte in mania, ma possiamo essere responsabili di qualcosa che facciamo quando non siamo più capaci di intendere e di volere? legalmente, no.

Qualunque spettrale malattia Cristiano stia affrontando, gli auguro ogni bene.
Gli auguro di trovare la strada per guarire e di non rifiutare i farmaci, come purtroppo tanti artisti fanno.
Ma il farmaco non cambierà la sua personalità e la sua creatività, è "solo" un fatto di adattarsi a nuovi colori.

giovedì 3 gennaio 2013

I BUONI PROPOSITI PER L'ANNO NUOVO....

Chi non ne fa?
Io ormai ne faccio pochissimi....
Dimagrire, è un proposito dimenticato. Prendendo sempre Zyprexa, mi sembra già un risultato eccelso non essermi trasformata in un botolo e aver conservato un aspetto decente....
D'altronde la mia psichiatra, vero guru della situazione, sostiene che chi si preoccupa del peso dopo i 40 anni e vuole conservare la stessa linea di quando ne aveva 25 soffre di un disturbo dell'alimentazione.
Ora, il disturbo bipolare basta e avanza, grazie, quindi, accettiamo la pancetta, il viso a palla e evitiamo di guardare nelle foto lo stacco coscia dei 20 anni.

Smettere di fumare, pure. Non ci penso più. Fumare è una valvola di sfogo dello stress, un amico che non mi lascia e che è sempre disponibile....basta spendere 4,60 euro dal tabaccaio, e tutte le cose che si pagano sono quelle che costano meno, si sa.
Quindi continuerò a puzzare come un posacenere...mio marito puzza quanto me, quindi non ci diamo noia.
Ho dato ordine al mio corpo di non assumere nessun veleno e stare tranquillo.
Confido in bene.
Sempre la mia guru psichiatrica sostiene che se smettessi di fumare probabilmente dovrebbe alzarmi il dosaggio dei farmaci... e allora meglio l'eventuale enfisema polmonare di una discinesia tardiva...si nota meno e, al solito, l'enfisema fa compassione, la discinesia tardiva no...
Ma non mettiamo forme pensiero negative. Fubbissimamente non aspiro.... è la gestualità l'importante!

Cosa mi resta come buon proposito? 

Ogni anno ne metto uno spirituale. 
L'anno scorso era "FARMI FURBA". Ce l'ho fatta? Forse non del tutto, ma sono work in progress. 
Magari prima di morire a 103 anni ce la farò.... ho iniziato tardi.

Quest'anno è: VIA LE PERSONE PESANTI, CHE NON TENGONO VERAMENTE A ME E CHE NON VANNO BENE PER ME, DALLA MIA VITA.

Brutto a dirsi, ma alla fine chi accetta di avere una malattia e si cura diventa più normale, equilibrato e stabile di tutti questi "normali" che girano pensando di essere perfetti e invece hanno un disturbo di personalità grosso come una casa, per cui "soffrono e fanno soffrire gli altri".

Io non ho ancora smesso di soffrire a causa degli altri. Negli ultimi anni, spesso a causa di amiche che ad un certo punto danno di matto, mi scaraventano addosso rabbia e aggressività, e vorrebbero pure "tenere ragione".

Che fare? Io le considero rami secchi che vanno tagliati e, al solito, mi prendo la responsabilità di aver visto da sempre che avevano parecchi problemi, ma di essermi fatta trascinare dall'affetto, dalla compassione per le loro vite incasinate (e chiedersi il perché, nooo?) e dal pensiero che le persone sono sempre mix di luci e ombre e come tali andrebbero accettati.

Accetto in genere tanto, ma quando i morsi diventano troppi, non ci sto più.

Conoscete qualcuno del genere??

L'imperativo è sempre uno: CURARSI! 
Avere il coraggio di guardarsi con onestà, di prendere farmaci, di affrontare psicoterapie lunghe e dolorose, è non solo un atto di responsabilità personale, ma un atto etico, per sé, per chi ci circonda, per il mondo.

"Fatti non foste per viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza".
La virtute è l'etica... appunto.... possiamo dimenticarcene, forse lo facciamo spesso, troppo spesso, ma essere persone etiche è ciò che distingue l'umano da ciò che umano non è.

Quindi ho messo questo proposito, consapevole che nel mentre potrò anche avere una buona dose di sofferenza, ma chi soffre di DB ha già affrontato e superato talmente tanta sofferenza da avere le spalle moolto larghe.... la prossima farà solo curriculum.

E poi, per noi è fondamentale vivere tenendo il livello di stress basso, quindi non frequentare persone pesanti o che ci trattano secondo lo squilibrio della loro dopamina diventa una strategia protettiva! Teniamolo bene in mente! Primus, autoproteggersi.

Concludo con il proposito di una cara amica (Splendore) che mi è arrivato poco fa via sms: LEGGIADRE COME FARFALLE, INCAZZATE COME BISCE, BELLE COME IL SOLE...SANE COME UN PESCE!

Soprattutto SANI....Oddio, Sani...diciamo EUTIMICI, CHE VA GIA' BENE???