martedì 29 gennaio 2013

"Se non parte da noi la volontà di curarsi, gli altri contano molto poco"

Stavo chattando con la mia amichina del cuore, e lei mi ha scritto questa frase.

Bella, vero? E anche molto vera!

Se la volontà di curarsi non parte da noi, gli altri (famiglia, partner, amici, colleghi) contano molto poco. 
Praticamente nulla.

Anzi, può anche darsi che collaborino alla nostra decisione di NON curarci.

Perché, se davvero resistiamo con tutte le nostre forze all'idea di avere una malattia da curare, se non vogliamo prendere psicofarmaci perché sono orribili, se noi non abbiamo una malattia ma la colpa è sempre del mondo esterno che non ci capisce, che è cattivo, che ci vuole male, allora la famiglia, per amor del quieto vivere, può dire: è vero, tu stai benissimo, tu sei tanto buona, sono gli altri che sono cattivi, figurati se con tutti i delinquenti che ci sono in giro proprio TU devi prendere farmaci!

E quella che ci sembra un'accoglienza amorevole diventa parte della nostra rovina.

La rovina di non ammettere la verità. La rovina di non ammettere di avere una malattia da curare. La rovina di non cercare la soluzione più giusta per la nostra vita.

Quante vite si rovinano, letteralmente, per questo motivo?

Per una vita artistica che ha bisogno del DB ed è circondata di persone che stoicamente sopportano deliri, quante vite rovinano se stessi, il proprio lavoro, le proprie relazioni, la propria famiglia?

Famiglie che si sfasciano perché il troppo è troppo, non si regge più.
Famiglie rovinate economicamente da spese folli.
Tragedie? vogliamo parlare delle tragedie, dei suicidi, dei raptus improvvisi, degli omicidi?

Tutto deve partire da noi. Facciamoci un bagno di umiltà ed ammettiamo di avere un problema. Oggi ci sono decine di farmaci e di modi per risolverlo. Diabolico non è avere una malattia, e non è neppure una maledizione divina, diabolico è avere una malattia e voler continuare ad essere malati, senza cercare le cure.

Per cosa?

lunedì 28 gennaio 2013

Prima conclusione della psicoterapia

Dopo 9 anni e mezzo ininterrotti di psicoterapia (di cui gli ultimi anni di psicoanalisi), il mio psicoanalista ha proposto di terminare il nostro ciclo terapeutico.

Sulle prime, è stato uno shock. Ho avuto bisogno di tre mesi di tempo per abituarmi all'idea.

Un rapporto così lungo, un impegno settimanale costante. La certezza che lui ci fosse, sempre, tranne che ad agosto e nelle feste canoniche, che comunque diventavano una vacanza anche da me stessa. Soprattutto, un transfert "enormemente investito".

Insomma, ho dovuto rifletterci per bene. Ma le parole del mio psico ("è una strada necessaria per l'individuazione, che dopo un lavoro così lungo - e profondo, aggiungo io - lei stia senza vedere lo psicoanalista") hanno avuto il loro peso. L'obiettivo dell'individuazione, di diventare un individuo libero e SANO, credo che sia stato sempre la mia guida, la mia lanterna rossa. E le sfide mi piacciono enormemente, soprattutto quelle con me stessa.

Potevo rifiutare? Decisamente no.

Ora, tra scherzose minacce della mia psichiatra ("se si fa venire una crisi maniacale per il lutto della fine della terapia, io le SPARO!") e fiumi di lacrime (mie, ovviamente, credete mica che un lacaniano pianga?? ma andiamo!), abbiamo concluso questo lungo ciclo.

I primi giorni mi sentivo un po' spaesata, e soprattutto questa perdita mi sembrava davvero strana.
Era una vera e propria perdita, di una persona che è stata importantissima e fondamentale nella mia vita, che mi ha aiutato a capire come stare nel mondo, davvero nella realtà, quindi dolorosa.
Una perdita di una persona a cui voglio molto bene e che stimo immensamente (e dai col transfert! ;-) ).
Una perdita non determinata da morte, da litigi, da allontanamento per altre cause: lui è sempre lì, nella mia stessa città, vicino, eppure per diventare individuo è bene che non lo veda.

E' una vicenda davvero strana. Non mi manca la terapia perché, vivaIddio, dopo 9 anni e mezzo si impara a psicoanalizzarsi da soli. E si fa in continuazione.

Mi manca LUI. Il suo sorriso, il suo sguardo, la sua ironia, il suo prendermi in giro, il suo non farmene passare una...
Ma la mancanza si fa ogni giorno più lieve, più tollerabile.

Resta un'immensa, un'infinita gratitudine per esserci stato, per essere stato il Virgilio che mi ha accompagnato nel viaggio tra l'inferno e il purgatorio (per il Paradiso ci stiamo ancora attrezzando, ma è di questo mondo? bella domanda), per essere un terapeuta eccezionale....

Comunque, che dire? E' una strada che davvero consiglierei a tante persone, ma soprattutto a chi soffre di DB... perché se si soffre di DB si tende a essere bipolare anche nelle reazioni emotive, e quindi ci vuole un lungo lavoro di ricostruzione per non esserlo più.

Confermo, è una strada lunga, dolorosa, costosa. Batterei il tasto soprattutto sull'aggettivo DOLOROSO: guardarsi dentro, guardare le proprie ombre, è la cosa più coraggiosa e più difficile che esista. Ma se si vuole crescere e diventare individui, no way, bisogna passare di qui. Passaggio obbligato. Solo guardando, accettando ed integrando tutte le parti di sé riusciremo ad essere davvero UNO e a capire ed accettare gli altri, uscendo dal giudizio.

giovedì 17 gennaio 2013

Crisi pantoclastica

Avete letto nei giorni scorsi la notizia su Cristiano De André?
I giornali riportavano che i vicini sentivano rumori di cose rotte, hanno chiamato le forze dell'ordine, lui non voleva neppure aprire ai carabinieri. Quando loro, supportati da Dori Ghezzi ed Alba Parietti, sono riusciti ad entrare, hanno trovato la casa  in totale soqquadro.

Vi ricorda nulla?

Ora, lungi da me fare diagnosi od ipotesi, e sempre prendere con le pinze qualsiasi articolo giornalistico, ma sembra la descrizione di una bella crisi pantoclastica (traduzione letterale: si spacca tutto), un accessorio della crisi maniacale.

Io ne ho avute due.
La prima, più che pantoclastica è stata, per chi la vedeva, pantocaotica. Non avevo distrutto nulla, avevo soltanto riunito le cose in tre mucchi, per analogia.
Agli esterni e normali sembrava che io avessi fatto un caos, ma nella mia testa quel caos seguiva precise regole analogiche: mi sembrava che le cose dovessero stare insieme o per colore o per funzione o per analogie sottili che, evidentemente, solo io capivo.
Durante quella crisi, accaddero cose strane. Oltre avere un'espansione della coscienza incredibile, mi ero fissata con un certo ordine e certi nodi. Anni dopo, mi capitò di vedere quei nodi: erano usati da una tribù sciamanica dell'Australia. Ora, io non sono mai stata in Australia e non avevo mai visto quei nodi prima. Quella per me fu la prova provata dell'inconscio collettivo junghiano, quell'immenso serbatoio in cui tutti, evidentemente, ed in particolare in stato maniacale, peschiamo a piene mani.

La seconda fu proprio pantoclastica: la mia vita mi sembrava un'assurdità, totalmente priva di senso, ogni sforzo, ogni impegno, si era rivelato vano, senza scopo.
Ruppi tutto. Quadri, libri, vestiti. Salvai solo alcuni libri evidentemente troppo preziosi per me.
Indovinate la conclusione? Certo, ricovero in repartino (in entrambi i casi).
Mio padre e un mio ex fidanzato si occuparono di rimediare a tutto quello...ancora li ringrazio.

Che dire? cose che capitano. Me ne vergogno? Mah, mi vergogno di altro....sempre di cose dette o fatte in mania, ma possiamo essere responsabili di qualcosa che facciamo quando non siamo più capaci di intendere e di volere? legalmente, no.

Qualunque spettrale malattia Cristiano stia affrontando, gli auguro ogni bene.
Gli auguro di trovare la strada per guarire e di non rifiutare i farmaci, come purtroppo tanti artisti fanno.
Ma il farmaco non cambierà la sua personalità e la sua creatività, è "solo" un fatto di adattarsi a nuovi colori.

giovedì 3 gennaio 2013

I BUONI PROPOSITI PER L'ANNO NUOVO....

Chi non ne fa?
Io ormai ne faccio pochissimi....
Dimagrire, è un proposito dimenticato. Prendendo sempre Zyprexa, mi sembra già un risultato eccelso non essermi trasformata in un botolo e aver conservato un aspetto decente....
D'altronde la mia psichiatra, vero guru della situazione, sostiene che chi si preoccupa del peso dopo i 40 anni e vuole conservare la stessa linea di quando ne aveva 25 soffre di un disturbo dell'alimentazione.
Ora, il disturbo bipolare basta e avanza, grazie, quindi, accettiamo la pancetta, il viso a palla e evitiamo di guardare nelle foto lo stacco coscia dei 20 anni.

Smettere di fumare, pure. Non ci penso più. Fumare è una valvola di sfogo dello stress, un amico che non mi lascia e che è sempre disponibile....basta spendere 4,60 euro dal tabaccaio, e tutte le cose che si pagano sono quelle che costano meno, si sa.
Quindi continuerò a puzzare come un posacenere...mio marito puzza quanto me, quindi non ci diamo noia.
Ho dato ordine al mio corpo di non assumere nessun veleno e stare tranquillo.
Confido in bene.
Sempre la mia guru psichiatrica sostiene che se smettessi di fumare probabilmente dovrebbe alzarmi il dosaggio dei farmaci... e allora meglio l'eventuale enfisema polmonare di una discinesia tardiva...si nota meno e, al solito, l'enfisema fa compassione, la discinesia tardiva no...
Ma non mettiamo forme pensiero negative. Fubbissimamente non aspiro.... è la gestualità l'importante!

Cosa mi resta come buon proposito? 

Ogni anno ne metto uno spirituale. 
L'anno scorso era "FARMI FURBA". Ce l'ho fatta? Forse non del tutto, ma sono work in progress. 
Magari prima di morire a 103 anni ce la farò.... ho iniziato tardi.

Quest'anno è: VIA LE PERSONE PESANTI, CHE NON TENGONO VERAMENTE A ME E CHE NON VANNO BENE PER ME, DALLA MIA VITA.

Brutto a dirsi, ma alla fine chi accetta di avere una malattia e si cura diventa più normale, equilibrato e stabile di tutti questi "normali" che girano pensando di essere perfetti e invece hanno un disturbo di personalità grosso come una casa, per cui "soffrono e fanno soffrire gli altri".

Io non ho ancora smesso di soffrire a causa degli altri. Negli ultimi anni, spesso a causa di amiche che ad un certo punto danno di matto, mi scaraventano addosso rabbia e aggressività, e vorrebbero pure "tenere ragione".

Che fare? Io le considero rami secchi che vanno tagliati e, al solito, mi prendo la responsabilità di aver visto da sempre che avevano parecchi problemi, ma di essermi fatta trascinare dall'affetto, dalla compassione per le loro vite incasinate (e chiedersi il perché, nooo?) e dal pensiero che le persone sono sempre mix di luci e ombre e come tali andrebbero accettati.

Accetto in genere tanto, ma quando i morsi diventano troppi, non ci sto più.

Conoscete qualcuno del genere??

L'imperativo è sempre uno: CURARSI! 
Avere il coraggio di guardarsi con onestà, di prendere farmaci, di affrontare psicoterapie lunghe e dolorose, è non solo un atto di responsabilità personale, ma un atto etico, per sé, per chi ci circonda, per il mondo.

"Fatti non foste per viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza".
La virtute è l'etica... appunto.... possiamo dimenticarcene, forse lo facciamo spesso, troppo spesso, ma essere persone etiche è ciò che distingue l'umano da ciò che umano non è.

Quindi ho messo questo proposito, consapevole che nel mentre potrò anche avere una buona dose di sofferenza, ma chi soffre di DB ha già affrontato e superato talmente tanta sofferenza da avere le spalle moolto larghe.... la prossima farà solo curriculum.

E poi, per noi è fondamentale vivere tenendo il livello di stress basso, quindi non frequentare persone pesanti o che ci trattano secondo lo squilibrio della loro dopamina diventa una strategia protettiva! Teniamolo bene in mente! Primus, autoproteggersi.

Concludo con il proposito di una cara amica (Splendore) che mi è arrivato poco fa via sms: LEGGIADRE COME FARFALLE, INCAZZATE COME BISCE, BELLE COME IL SOLE...SANE COME UN PESCE!

Soprattutto SANI....Oddio, Sani...diciamo EUTIMICI, CHE VA GIA' BENE???