lunedì 15 aprile 2013

Come sarebbe bello

Se la vita fosse giusta.

Non un libro, non un film: mi basterebbe che la vita fosse un po' più equa...diciamo meritocratica?

Tot impegno, tot ricompense. Tot bontà, tot premio. Facile, pulito. 

Qualcuno inventi una bilancia della dea Maat da usare ora, subito. Ce n'è urgente bisogno.

Finalmente ho visto il film "Il lato positivo". A parte la maleducazione dello spettatore che si è inalberato per tre-commenti-tre scambiati a voce bassissima tra me e mio marito (ne compiango la moglie, ma ognuno ha il marito che si merita...forse?), film carino.

Ma chi conosce il DB esce con l'amaro in bocca. Tutto così semplice? Sì, ciao, solo nei film.

Il resto è vita, reale, sofferenza, anni passati sul lettino, anni a litigare con gli psichiatri, anni passati a ricordarsi le pillole ogni sera (o due, o tre volte al giorno), anni passati con sbalzi d'umore di cui un normale non può neppure immaginare la portata, anni di sconforto, di risvegli depressi, di idee maniacali, di normalità che sembra grigia, di pianti, di dolore, di segreti, di nascondersi e far finta di non esistere, anni buttati per l'etichettamento, anni di vergogna, anni di disastri economici, anni di sesso facile in cui ci riduciamo a meri oggetti....

Avete capito, senz'altro perché conoscete.

Certo, sarebbe bello. Sarebbe bello se tutto funzionasse un po' meglio, se davvero ci fosse una ricompensa (una bella martingala vinta) ad aspettarci fuori dalla porta.

Il nostro solo premio saremo noi stessi, e giorni un po' meno amari. Un lieve battito di serenità.

domenica 7 aprile 2013

Quanto etichettiamo noi stessi?

Se anche la società non ci etichettasse e non ci condannasse (cosa che, indubbiamente fa), quanto noi etichettiamo noi stessi?

Quanto noi ci limitiamo e non affrontiamo la vita perché siamo "malati"?
Per di più, malati mentali, pazzi, depressi, ansiosi, e via cantando?

Un conto è essere consci dei propri limiti e delle proprie forze: questo va fatto. Ricostruirsi, consci che nulla sarà e potrà mai essere come prima: la diagnosi è uno spartiacque fondamentale nelle nostre vite. Tutto cambia. 

Altro, tutt'altro, è annullare se stessi, le proprie capacità e la propria bellezza e costruirsi una gabbia di malattia. Una gabbia dalla quale uscire sarà difficile. Perché, come il diavoletto della favola, noi avremo sempre questo brutto grillo parlante che ci dice: tu? proprio tu? ma andiamo....

E se non lo sentiamo chiaramente, può essere anche peggio. Può essere nascosto dentro di noi, talmente ben nascosto da risultare invisibile. Come dice un'antica fiaba, il posto migliore per nascondere qualcosa non è sulla cima di una montagna  o nel fondo del mare (lì l'uomo, esploratore, potrebbe arrivare); il posto migliore è dentro di noi, l'ultimo posto dove ogni uomo va a guardare.

Non potremo cambiare il mondo, la concezione che il mondo ha di chi soffre di una malattia mentale, se prima non la cambiamo noi, dentro di noi.

Il che non significa diventare sbruffoni o inconsapevoli, temerari ed arditi.
Significa sapere di avere una malattia, che spesso ci rende le giornate buie o troppo luminose, con la quale dobbiamo convivere. Senza sentirsi pazzi, falliti o destinati all'infelicità  per questo.

lunedì 1 aprile 2013

Conosco bipolari....

Che non vogliono curarsi perché si sentono tanto "belli" caratterialmente, con i loro up and down, wow quante emozioni, altro che il grigiore dei farmaci.

Che vorrebbero curarsi ma non osano prendere farmaci perché leggono i bugiardini e si spaventano di tutte le altre malattie che i farmaci potrebbero far venire.

Che si curano, poretti, e per anni non trovano la molecola giusta per loro e stanno male comunque, un ricaduta dietro l'altra, mesi, anni di sofferenza.

Che si curano a singhiozzo e poi ricadono nei vizietti, marijuana, cocaina, alcool, passano le notti nei bar, fino al prossimo tso, rovinando la vita a loro stessi e alle loro famiglie, e via discorrendo.

Che si curano, vanno dallo psicoterapeuta, continuano anche se la vita spesso è una merda (oh là. diciamocelo chiaramente), le cose non vanno come dovrebbero, le persone non si comportano correttamente, ma intanto sono più o meno stabili, in possesso delle loro facoltà e non fanno scontare la loro vita ad altri.

Ogni tanto mi dico: sei stata fortunata. Poi mi riprendo. Non sei stata solo fortunata. Ti sei anche fatta un mazzo quadrato. Per anni. Nove anni e mezzo di psicoterapia. Cure continue. Continua ricerca, senza fermarsi mai, senza accettare di essere solo "una malata", con tutto ciò che ne consegue.

Il mondo continua a girare, che noi ci curiamo o no.

Le persone hanno perso la dotazione minima di valori e di etica, che noi ci curiamo o no.

La vita è difficile, in Italia terribile, siamo sulla soglia della povertà, in tanti, che noi ci curiamo o no.

Ma chi ci ha promesso che sarebbe stata facile? A chi abbiamo concesso questa illimitata fiducia, nella felicità, nel benessere, nel successo, nella correttezza dei rapporti umani?

Ognuno fa quello che può. E se ogni tanto è miseramente poco, che fare?